Tullio Farabola (Wikipedia)

Tullio Farabola è stato uno dei più noti fotogiornalisti italiani del secondo dopoguerra[1]. Si è dedicato al fotogiornalismo alla fine della seconda guerra mondiale e ha documentato gli ultimi atti della guerra, l'ingresso a Milano delle forze Alleate e dei Partigiani il 25 aprile 1945, i primi passi del nuovo Stato italiano, la ricostruzione e il miracolo economico italiano degli anni '60.

Era figlio d'arte. Il padre Alessandro, nato il 12 dicembre 1885 a Milano, frequentò l'accademia di belle arti di Brera e la scuola d'arte applicata del Castello Sforzesco. Si diplomò ritoccatore specializzato, pratica utile nel suo lavoro di fotografo, data la consuetudine, a quell'epoca, specialmente nel ritratto, di procedere a pesanti interventi di ritocco manuale, sia sulle lastre sia sui positivi. Nel 1896 iniziò l’attività di fotografo a Milano. Nel 1911 aprì con un socio (A. Bressani) uno studio in corso Ticinese. Pochi mesi dopo la società si sciolse ed egli rimase l'unico titolare dello studio. Per molti anni fu detentore del "Brevetto Arcivescovile", cioè fu il fotografo ufficiale della Curia Arcivescovile di Milano. Si dedicò alla fotografia sportiva, (che allora consisteva nel fotografare i protagonisti degli sport in studio), oltre che alle cerimonie, alle foto di gruppo e alle foto-tessera. Si sposò il 22 aprile 1909 con Ambrogina Zanardi; dal matrimonio nacquero i figli Ada nel 1910 e Tullio. Smise l’attività di fotografo nel 1954 e morì a Rapallo il 13 aprile 1967.[2] Tullio, tuttavia, ha imboccato una strada del tutto originale e nuova, per l'epoca, dedicandosi al reportage fotogiornalistico anziché alla classica foto in studio.

Ciò è stato possibile, oltre che per le sue capacità e spirito di iniziativa, anche per l'introduzione sul mercato italiano di più moderne apparecchiature fotografiche, come le macchine formato 4” x 5” portatili tipo Speed Graphic, le Rolleiflex e Hasselblad formato 6x6 cm e, successivamente, delle Leica formato 24x36 mm, accoppiate al flash elettronico, che costituivano una dotazione in grado di operare all'aperto e al chiuso, di giorno e di notte, senza troppe preoccupazioni per le condizioni di luce.

Il fotogiornalismo in quegli anni crebbe enormemente soprattutto per la riacquistata libertà di informazione dopo 20 anni di dittatura. Alcuni fatti di cronaca, che oggi apparirebbero insignificanti, diventavano oggetto di servizi su quotidiani e settimanali, nonché di discussioni nei bar e nelle famiglie, e tenevano banco per mesi. In occasione di uno di questi fatti avvenuto a Milano nel 1946, l'omicidio della moglie e dei figli dell'amante da parte di Rina Fort, la foto dell'assassina che dormiva su una panchina in questura venne pubblicata sui principali quotidiani e settimanali facendo scalpore e dando notorietà a Tullio Farabola.

La ricostruzione della città, le novità nel mondo dello spettacolo, le prime foto di moda e di pubblicità costituirono ulteriore sviluppo dell'attività fotografica dell'agenzia “Foto Farabola”, nel frattempo creata.

I modelli a cui si è ispirato Tullio Farabola per quanto riguarda le foto di attualità e la cronaca nera sono stati Adolfo Porry Pastorel, come ha scritto nella prefazione al libro “Farabola, un archivio italiano”, e i fotoreporter americani.

Contemporaneamente prendeva forma l'archivio fotografico storico, uno dei più completi e meglio organizzati del paese[3]. L'archivio storico ha preso spunto, inizialmente, dell'esigenza di ordinare le foto che rimanevano in agenzia perché invendute. Poi qualche giornale ha cominciato a richiedere foto di personaggi o eventi realizzati in precedenza, quindi si è visto che era utile avere le foto in ordine per poterle ritrovare facilmente. In occasione del ventesimo anniversario dell'inizio della seconda guerra mondiale, nel 1960, è iniziato l'interesse della stampa per le immagini del fascismo e della guerra. In seguito, visto l'interesse del mercato, l'archivio è stato integrato da acquisizioni di materiale proveniente da altri archivi. Prima acquisizione importante è stata l'archivio dell'Agenzia VEDO di Adolfo Porry Pastorel, avvenuta a metà degli anni '50. Nel 1960, in occasione del 20º anniversario della dichiarazione di guerra, sono state acquisite foto della seconda guerra mondiale da agenzie straniere e sono stati realizzati servizi fotografici che sono stati pubblicati sui principali settimanali italiani. L'iniziativa ottenne molto successo, spinse ad arricchire l'archivio storico. Sono state acquistate immagini delle due guerre mondiali dall'archivio dell'Imperal War Museum di Londra. Era il primo materiale fotografico della seconda guerra mondiale a essere importato in Italia. Comprendeva le riprese aeree della RAF con le città bombardate. A Berlino è stato realizzato invece uno scambio fra foto italiane del fascismo e foto tedesche del nazismo. Così sono state acquisite le foto di Hitler scattate da Heinrich Hoffmann, foto di Manfred von Richthofen (il "Barone Rosso"), di Goering, la storia dell'inflazione della repubblica di Weimar e altre foto di grande interesse storico. La creazione e lo sviluppo dell'archivio storico è stata in gran parte curata da Alberto Crivelli, collaboratore dell'agenzia e direttore della stessa dalla morte di Tullio Farabola sino al 1990.

Parallelamente al reportage fotogiornalistico Tullio Farabola ha svolto un'intensa attività fotografica in sala di posa, realizzando copertine per i più diffusi settimanali popolari dell'epoca (Oggi, Gente, Radiocorriere TV), copertine per dischi (Renato Carosone, Fred Buscaglione) e ritratti in bianco e nero di personaggi del mondo della cultura e dello spettacolo (Salvatore Quasimodo, Eugenio Montale, Riccardo Bacchelli, Indro Montanelli, Giorgio De Chirico, Juliette Greco). Si può dire che negli anni '50 e '60 per un personaggio del mondo dello spettacolo, dell'arte o dello sport passare da Farabola per un servizio fotografico era una conferma di successo. Sicuramente per i ritratti in bianco e nero si era ispirato a Yousuf Karsh, il fotografo canadese, mentre l'idea delle copertine a colori dei grandi settimanali popolari venne dalle foto realizzate dal fotografo Slim Aarons e da altri grandi fotografi pubblicitari americani, che realizzavano su diapositive di grande formato (18 x 24), cosa inusuale in Italia. Le foto di studio erano frutto di un lavoro di squadra. Lucio Berzioli faceva il trovarobe e aveva estro nel trovare mobili, capi di abbigliamento e altri oggetti che servivano per ambientare le immagini. In particolare le canzonette sceneggiate. Anche per queste realizzazioni l'idea proveniva dalle foto americane di grande formato. Da queste foto è nata l'idea di Domenico Porzio e di Emilio Radius, (direttore di “Oggi” dal 1956 al 1962), di fare la serie dei ritratti in bianco e nero di personaggi del mondo dell'arte e dello spettacolo e l'idea di Buttafava, direttore di Novella 2000, di fare la serie delle canzonette sceneggiate. Sono state fatte delle prove, con risultato soddisfacente, e poi si sono realizzate foto di canzonette del Quartetto Cetra, di Mina, di Jonny Dorelli, di Buscaglione, di Celentano.

L'attività di Tullio Farabola è stata documentata da alcune pubblicazioni che vertono soprattutto sulle foto di cronaca[4] e sull'archivio storico[5], ma manca una pubblicazione che tratti l'attività svolta in studio.

Alcune immagini del suo archivio sono tuttora custodite presso A.F. Archivi Farabola, la cui attività è rivolta al recupero, alla conservazione ed alla digitalizzazione delle sue immagini.


Note biografiche

Si diploma in ragioneria nel 1939 all'Istituto Carlo Cattaneo di Milano.

Apprende la tecnica fotografica dal padre, titolare dal 1911 di un noto studio fotografico in corso Ticinese 87 a Milano.

Svolge il servizio militare dal 1940 al 1943: frequenta la Scuola Allievi Ufficiali dell'Esercito Italiano a Salerno, successivamente è arruolato presso il corpo delle “Guardie alla Frontiera” (GAF) e presta servizio a Domodossola e a Tirano. Nel 1942 viene trasferito a Roma all'istituto Luce (L'Unione Cinematografica Educativa), dove segue un corso di tecnica cinematografica di guerra. Viene poi trasferito a Milano dove si trova l'8 settembre 1943.

Nel periodo 8 settembre 1943 – 25 aprile 1945 effettua servizi fotografici sia per la Wehrmacht che per le forze Partigiane, riguardanti azioni di combattimento e documentazione degli effetti dei bombardamenti a Milano. L'unica testimonianza rimasta di questo lavoro sono le foto dei bambini uccisi nella scuola di Gorla durante un bombardamento alleato nel 1944.

Durante un bombardamento alleato dell'agosto 1943 lo studio fotografico Farabola viene distrutto. Con esso vengono distrutti i negativi e gran parte delle attrezzature.

Documenta l'entrata in Milano delle forze del CLN e alcuni degli avvenimenti immediatamente successivi (esposizione dei cadaveri in Piazzale Loreto, fucilazione di Buffarini Guidi)[6].

Inizia l'attività di fotoreporter e nel 1945 con il padre apre l'agenzia fotogiornalistica “Foto Farabola” con sede in corso Ticinese 60 a Milano.

Il 31 agosto 1946 sposa Paolina Siboni. Il 29 marzo 1954 nasce il figlio Mario.

In breve l'agenzia fotografica diventa una delle più note del Paese e collabora con i principali quotidiani e settimanali italiani. Molti giovani fotografi si formano alla “Foto Farabola”.

All'inizio degli anni '60 Tullio Farabola inizia l'organizzazione dell'archivio fotografico che, dotato di materiale proprio e integrato dall'acquisizione di immagini dall'Italia e dall'estero, diviene uno dei maggiori d'Italia e sicuramente il meglio organizzato.

Tullio Farabola muore a Milano l'11 dicembre 1983

Note

    ^ Fonte: Dizionario Biografico degli Italiani. 1996. Vol. 46, pp. 761-762. Ed. Istituto della Enciclopedia Italiana fondata da Giovanni Treccani. Roma
    ^ Fonte: Dizionario Biografico degli Italiani. 1996. Vol. 46, p. 761. ed. Istituto della Enciclopedia Italiana fondata da Giovanni Treccani. Roma
    ^ Fonte: «Io credo di aver creato uno degli archivi fra i più ricchi e meglio organizzati in Italia» Tullio Farabola. (in: Tullio Farabola: Farabola, un archivio italiano 1980. Mazzotta Milano p.9)
    ^ Fonte: Gaetano Afeltra (a cura di): Farabola fotografo d'assalto. Cronaca di Milano negli anni Quaranta. 1982. Rusconi Libri S.p.A. Milano - Storia d'Italia. Annali 20. L'immagine fotografica 1945-2000. 2004. A cura di Euliano Lucas. Giulio Einaudi Editore Venezia - Neorealismo, la nuova immagine in Italia. 2006. A cura di Enrica Viganò Admira Edizioni Milano
    ^ Fonte: Tullio Farabola: Farabola, un archivio italiano. 1980. Mazzotta. Milano. - R. Prinzhofer: Le città galleggianti navi e crociere negli anni '30 1978 Longanesi & C Milano
    ^ Significativa è la comparsa in questa fase (la fase finale della Liberazione) di una singolare categoria di fotografi professionisti: i fotoreporter. La liberazione di Milano, ad esempio, vede scendere in campo Vincenzo Carrese, ma soprattutto Fedele Toscani e Peppino Giovi per la Publifoto, Tullio Farabola e Frattini. Sono, in un certo senso, i migliori fotografi di attualità in campo nazionale»» da: Adolfo Mignemi. Storia fotografica della Resistenza. 2003. Bollati Boringhieri. Torino p.40.

Bibliografia

    L’ occhio di Milano (catal.), Milano, 1977, pp. 12-19.
    Italo Zannier, 70 anni di fotografia in Italia, Modena, 1978, pp. 82-85.
    R. Prinzhofer, Le città galleggianti navi e crociere negli anni '30, Milano, Longanesi & C, 1978, p. 8.
    G.P. Ormezzano, Storia del Calcio, Milano, 1978, p. 12.
    C. Brogi, Come eravamo. 30 anni di vita milanese, Milano, 1980, p. 10.
    Tullio Farabola, Farabola, un archivio italiano, Milano, Mazzotta, 1980.
    SICOF 1989. Sezione culturale (catal.), Milano, 1989, p. 27.
    Gaetano Afeltra (a cura di), Farabola fotografo d'assalto. Cronaca di Milano negli anni Quaranta, Milano, Rusconi Libri S.p.A., 1982.
    Italo Zannier, Storia della fotografia italiana, Bari, 1986.
    M. Andriani, P. Fusar, "Farabola ieri, Farabola oggi" in Milano ‘90, Milano, 1992, pp. 4-12.
    Vol. 46, in Dizionario Biografico degli Italiani, Roma, Ed. Istituto della Enciclopedia Italiana fondata da Giovanni Treccani, 1996, pp. 761-762.
    Euliano Lucas (a cura di), Storia d'Italia. Annali 20. L'immagine fotografica 1945-2000, Venezia, Giulio Einaudi Editore, 2004.
    Enrica Viganò (a cura di), Neorealismo, la nuova immagine in Italia, Milano, Admira Edizioni, 2006, pp. 77, 95, 98, 103, 218, 257.
    Adolfo Mignemi, Storia fotografica della Resistenza, Torino, Bollati Boringhieri, 2003, p. 40.
    Antonella Russo, Storia culturale della fotografia italiana, Torino, Einaudi, 2011, pp. 57, 59, 70, fig. 25.
    Gabriele d'Autilia, Storia della fotografia in Italia Torino, Einaudi, 2012, pp. 223, 224, 249, 276, 324, 337.
    Vania Colasanti, Scatto Matto, Venezia, Gli Specchi Marsilio, 2013, pp. 93 - 94.

 


 

FARABOLA, Tullio, detto Farabolino
Treccani - Dizionario Biografico degli Italiani - Volume 44 (1994)

di Italo Zannier
FARABOLA, Tullio, detto Farabolino. - Figlio di Alessandro, detto Giuseppe, e di Ambrogina Zanardi, nacque a Milano il 12 ott. 1920.

Il padre Alessandro era nato il 12 dic. 1885 a Milano, dove frequentò contemporaneamente i corsi serali dell'accademia di belle arti di Brera e la scuola d'arte applicata del Castello Sforzesco e dove si diplomò come "ritoccatore specializzato"; questa pratica gli risultò utile nel suo lavoro di fotografo, che a quel tempo prevedeva, specialmente nel ritratto, ampi interventi di ritocco manuale, sia nelle lastre sia nei positivi. Nel 1896 iniziò l'attività di fotografo, sempre a Milano, ed aprì nel 1911 uno studio in corso Ticinese 87, con un socio di nome A. Bressani, ma dopo alcuni mesi la società si sciolse ed egli rimase l'unico titolare dello studio. Per molti anni fu il fotografo ufficiale della curia arcivescovile di Milano; si dedicò anche particolarmente alla fotografia di personaggi dello sport, oltre che alle cerimonie, alle foto di gruppo e alle foto-tessera. Si sposò il 22 apr. 1909 con Ambrogina Zanardi; dal matrimonio nacquero Ada nel 1910 e Tullio. Smise l'attività di fotografo nel 1954 e morì a Rapallo (Genova) il 13 apr. 1967, mentre il figlio portava l'agenzia a sempre maggiori successi.

Il F. frequentò, dal 1934, l'istituto "Carlo Cattaneo" di Milano, dove si diplomò in ragioneria nel 1939, iniziando nello stesso anno a collaborare con il padre nello studio fotografico di corso Ticinese a Milano. Fu chiamato alle armi nel 1940 e frequentò a Salerno il corso allievi ufficiali di complemento dell'esercito. Svolse il servizio militare a Tirano nel corpo delle guardie di frontiera, ma venne poi trasferito, come operatore cinematografico, all'Istituto nazionale Luce (L'Unione cinem. educativa), a Roma.

Nel 1943 lo "Studio di Giuseppe e Tullio Farabola" fu distrutto dai bombardamenti, insieme con i negativi e gran parte dell'attrezzatura fotografica. Tra il 1943 e il 1945 il F. collaborò, come fotografo, con le organizzazioni partigiane dell'Alta Italia, ma di questo lavoro non è rimasta traccia. L'attività dello studio riprese solo nel 1945, sempre nella stessa via, ma al n. 60, dove tuttora continua, con una nuova gestione societaria, la ditta "Farabolafoto", che conserva - oltre alle fotografie scattate dal F. e dai suoi dipendenti, soprattutto dopo il 1945 - anche alcuni fondi fotografici della fine dell'Ottocento e degli inizi del nostro secolo, acquisiti nel dopoguerra.

"Io credo di aver creato uno degli archivi fra i più ricchi e meglio organizzati in Italia" ha scritto il F. nell'introduzione del suo volume F. Un archivio italiano (Milano 1980, p. 9); e precisava di aver completato il materiale prodotto dall'agenzia con l'acquisizione degli archivi di A. Porry Pastorel (in realtà solo parzialmente), della Società di navigazione (si tratta dell'archivio di Mario Agosto, che ne era il fotografo ufficiale), del ritrattista A. Badodi, degli Alinari e di "numerose raccolte provenienti da fonti disparate e da appassionati ricercatori di materiale e di immagini che oggi sono da considerare storiche" (ibid.).

Il 31 ag. 1945 il F. si sposò con Paola Siboni, da cui ebbe un figlio, Marco. Nel dopoguerra si trovò a operare nella fotografia di cronaca, soprattutto a Milano, in anni in cui il fotogiornalismo acquistava sempre più credito e importanza. Esplorando i soggetti più significativi della realtà che lo circondava, gli stessi del coevo cinema neorealista, il F. espresse al meglio la sua capacità di analisi delle vicende cruciali della società.

La sua fotografia perseguì e sublimò gli stilemi del fotocronachismo, caratterizzato dall'uso di strumenti di piccolo e medio formato (Leica e Rolleiflex) e soprattutto dal flash, che liberava da impacci tecnici in ogni situazione di luce, assegnando nel contempo all'immagine una forte drammaticità dovuta al forzato chiaroscuro, che ben s'adattava, inoltre, alle tecniche di riproduzione dei giornali, ancora imprecise e deboli.

Anche il F. aveva considerato, nel primi anni d'attività, come modello di fotogiornalista A. Porry Pastorel (pioniere e fondamentale protagonista nel campo della fotografia giornalistica), conosciuto a Roma nel 1942, mentre si trovava come ufficiale al servizio dell'Istituto Luce, e nelle ore libere frequentava l'agenzia "Vedo". Fu allora, probabilmente, che nacque in lui l'idea di creare, a fianco del lavoro quotidiano di reporter, un archivio di immagini il più ampio ed esaustivo possibile nei temi, aggiornato continuamente, come esige il fotogiornalismo.

In quegli anni era ascesa l'agenzia "Publifoto", creata nel 1928 a Milano da V. Carrese, con la collaborazione di F. Toscani; il F. ne seguì l'esempio, con una vivace intraprendenza che lo portò ad essere presente in ogni occasione importante, come "testimone" visivo acuto e sensibile, e con una specifica caratteristica, che lo distingue tra i colleghi di quel tempo: l'ironia del suo sguardo, che tendeva a mettere in evidenza le contraddizioni sociali, le situazioni anomale incontrate nell'itinerario quotidiano che lo conduceva a "caccia di immagini".

Il F. fu assai influente nel settore dell'informazione, a partire dal dopoguerra; pure la storia della città di Milano degli ultimi cinquant'anni è stata ampiamente testimoniata dalle sue illustrazioni fotografiche.

Alle opere del F. furono destinati ampi spazi e varie rassegne di fotografia nel dopoguerra; nel 1989 nella mostra "SICOF 1989" (Salone internazionale cine ottica fotografia), nella sezione culturale curata da L. Colombo nei padiglioni della Fiera di Milano, gli fu dedicata una importante mostra retrospettiva.

Il F. morì a Milano l'11 dic. 1983

Fonti e Bibl.: Necr. in Corriere della sera, 13 dic. 1983; L'occhio di Milano (catal.), Milano 1977, pp. 12-19; I. Zannier, 70 anni di fotografia in Italia, Modena 1978, pp. 82-85; Le città galleggianti. Navi e crociere negli anni '30, Milano 1978, p. 8; G. P. Ormezzano, Storia del calcio, Milano 1978, p. 12; C. Brogi, Come eravamo. 35 anni di vita milanese, Milano 1980, pp. 105.; SICOF 1989. Sezione culturale (catal.), Milano 1989, p. 27; F., fotografo d'assalto. Cronaca di Milano negli anni Quaranta, a cura di G. Afeltra, Milano 1982; I. Zannier, Storia della fotografia italiana, Bari 1986, ad Indicem; M. Andriani-P. Fusar, F. ieri, F. oggi, in Milano "90", IV (1992), 4, pp. 4-12.